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NAUFRAGIO
NAUFRAGIO
24/03/2019
Progetto e regia di
Alessandro Businaro
Drammaturgia di
Irene Gandolfi
con
Grazia Capraro e Alessandro Businaro
debutto in forma di studio al Festival di Spoleto 2017 – European Young Theatre /Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico” e selezionato all’interno della rassegna “PRESENTE”, organizzata da Teatro Azione di Roma
Sono poche le cose che un naufrago ha la fortuna di avere con sé quando si trova lontano da tutto, in un’isola sperduta. Un tavolo, una torta e due sedie per raggiungere il mondo, per chiedere aiuto e per essere riportato in salvo. Niente di più.
Una stanza, un tavolo, due sedie, una torta, un uomo e una donna.
Naufragio è il momento dell’incontro fra chi si è condannato a morire e chi è condannato a restare. Lui e Lei, costretti a guardarsi in faccia, a ripercorrere ciò che è stato e a immaginare ciò che sarebbe potuto essere. A dividerli, un lungo tavolo bianco con al centro una torta.
Un ring in cui i due si studiano, tentano di nascondere i propri punti deboli e cercano il momento giusto per affondare il colpo. Non ci sono vincitori, ma solo un senso di impotenza che minuto dopo minuto porterà Lei a rimanere sola, avvolta nelle sue domande e nei suoi ricordi. Naufragio è il rimanere soli dopo un viaggio, abbandonati,
nella speranza che qualcuno ci veda, si accorga di noi. È quella condizione in cui l’uomo si mette, secondo lo psicologo e filosofo tedesco Jaspers, quando cerca di vincere delle cose che non riuscirà mai a sopraffare, cose come la morte.
Naufragio di Lei, ma anche Naufragio di Lui.
Abbiamo iniziato a lavorare su Naufragio ad Agosto 2016, con poche battute già scritte ma con un obiettivo ben chiaro:parlare di una donna lasciata sola, in compagnia solo delle proprie domande e dei propri rimorsi. Volevamo trattare il tema del suicidio non permettendo che questo, con tutto il suo peso emotivo e sociale, si mangiasse il ritratto dettagliato di una relazione. Lo spettacolo, proprio per questa ragione, presenta più piani di azione:
Il piano del reale, in cui un uomo e una donna decidono di incontrarsi per l’ultima volta dopo una lunga relazione conclusa da non molto tempo.
Il piano del ricordo, in cui lei rivive i momenti passati con l’uomo che l’ha lasciata sola, andandosene dalla loro casa. La casa che avevano scelto insieme.
Il piano dell’immaginazione, in cui lei immagina di avere di fronte la persona che, poco tempo prima, ha deciso di togliersi la vita. Lei lo vede lì, intento a mangiarsi la sua torta preferita: una cheesecake ai frutti di bosco.
Questi tre piani possono essere considerati come strati, sempre più profondi. Chi ascolta può cogliere il primo piano, solo il primo piano, ed empatizzare per l’abbandono. Oppure può, mettendo insieme alcuni pezzi, arrivare al secondo o al terzo, avendo, in questo modo, una visione totale del messaggio che sta alle fondamenta del nostro lavoro.
Una scena vuota, nessun suono esterno, nessun cambio luce o artificio teatrale: solo gli attori che, sopra le tavole di un teatro, ci raccontano una storia.
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